giovedì 28 febbraio 2008

Politica e web: un nuovo modo di comunicare


di Loredana Lipperini
dal sito
www.partitodemocratico.it

Chissà come, ma spesso ho la sensazione che la politica diffidi ancora della rete: che la concepisca, e a volte la viva, come luogo di derive demagogiche, quando non come velenosa arena dell’insulto. Del resto, Internet non gode di buona stampa: e in un paese che ostinatamente continua a confondere mezzo e messaggio, non si punta l’indice, per dire, su quel particolare e sciaguratissimo video postato su YouTube, ma su YouTube tutta; non si prendono le distanze da quel particolare blog malpancista, ma dalla rete dei blog. Eppure, solo per restare agli ultimi mesi, si potrebbero citare non pochi esempi di come sul web si faccia politica aggregando e discutendo e approfondendo e anche attraversando schieramenti diversi. Penso alla manifestazione contro la violenza sulle donne del novembre scorso, ideata, convocata, realizzata sul web, grazie al sito www.controviolenzadonne.org (dove, peraltro, coloro che si chiedono dove siano mai finite le femministe e perché non prendono posizione su aborto e fecondazione e quant’altro, troverebbero doverose risposte all’interrogativo e fior di interventi). Penso all’appello “Il triangolo nero: nessun popolo è illegale”: nato, sempre a novembre, da una discussione via mail fra un gruppo di scrittori allarmati da una possibile deriva razzista nel nostro paese, pubblicato su alcuni blog e siti letterari, cresciuto fino a raccogliere oltre cinquemila firme di intellettuali e letterati e artisti e cittadini. Penso alle posizioni espresse a proposito del ventilato boicottaggio nei confronti della Fiera del Libro per la presenza di Israele come paese ospite del 2008: e in questo caso non mi riferisco soltanto all’ulteriore appello (anche in questo caso nato in poche ore, da un iniziale scambio di mail fra un piccolissimo gruppo di persone) in solidarietà agli organizzatori. Ma alla messe di opinioni anche fortemente dissenzienti, ma formulate– nella stragrande maggioranza dei casi – con disponibilità al dialogo e argomentazioni solide. Un vantaggio, per tutti.

Questo, per me, significa fare politica sul web. Ma anche fare letteratura: non casualmente, si moltiplicano i siti di scrittori che non soltanto mettono on line, scaricabile gratuitamente, lo stesso testo che viene distribuito nelle librerie, ma interagiscono con i propri lettori offrendo loro il “farsi” del proprio lavoro, svelandone il “prima” e aprendosi agli “oppure” (ovvero, ai racconti dei lettori medesimi nati dopo la lettura del romanzo). Per questo, credo, la politica dovrebbe guardare al web riflettendo sui suoi saperi e sulle sue modalità, e non cercando di applicare a Internet le modalità dell’off-line: che non valgono sempre e non valgono per ogni cosa. Non valgono, per esempio, per quanto riguarda il diritto d’autore: il copyleft (la possibilità di scaricare un testo gratuitamente, purchè il medesimo non venga utilizzato a fine di lucro) è il fulcro della rete “dei contenuti”. E, contrariamente a quanto si continua a credere, oltre a favorire la circolazione di cultura, non danneggia in alcun modo l’autore. Tempo fa, Tullio De Mauro raccontava: “Quando l’Oxford si è messo su Internet a pagamento non ha aumentato le vendite di una sola copia. Quando il Webster si è messo gratuitamente on line, le vendite sono volate. Vorrà pur dire qualcosa”.Vuole dire moltissimo: è la base, anzi, di quella “grande conversazione” (culturale e, sì, politica) che è la rete stessa.