giovedì 12 giugno 2008

Chiuso


Per ovvi motivi (che magari, se avrò voglia e tempo, spiegherò nel mio blog). Chi ha interesse e piacere a seguire gli articoli delle persone che hanno collaborato a questo tentativo di democrazia on-line, eccone i link principali:
Massimo Marini - massimomarini.blogspot.com
Samuele Siani - noncontromaper.splinder.com
Dangp - ladridimarmellate.blogspot.com

Un ringraziamento e un saluto a tutti coloro i quali sono passati di qua.

lunedì 26 maggio 2008

Discriminante


di Samuele Siani
dal blog
http://noncontromaper.splinder.com

Della triste, penosa intervista del neo-ministro per le Pari Opportunità, Maria Rosaria Carfagna (il link lo trovate in fondo) vorrei solo soffermarmi su due punti. Il primo, riguardante il fatto che il ministro ritiene come al giorno d'oggi, nessuno più considera l'omosessualità una malattia. Nulla di più falso o quantomeno il ministro non è informato. Ricorda infatti il ministro che l'omosessualità è stata associata a malattia non più tardi di un anno fa, da Paola Binetti, psichiatra e numeraria dell'Opus Dei, nella trasmissione Tetris? Ricorda il ministro che si arrivò a parlare di una fantomatica lobby gay che aveva fatto pressione per togliere dal DSM l'omosessualità? Ricorda il ministro gli accostamenti fra omosessualità e pedofilia – questa sì, una patologia – o il connubio "amore debole" utilizzati dal Papa e dai capi della CEI? Ricorda che ella stessa, mediante una astuta citazione, parlò delle coppie omosessuali come di "costituzionalmente sterili"? Ricorda il ministro la discussione rilanciata da Liberazione sulla terapia riparativa? Il secondo, per quanto dichiara il ministro Carfagna nella chiusura dell'intervista: «Le associazioni nazionali dei gay dicono che in due anni ci sono stati 12 casi di vittime di violenza omosessuale? Ma hanno presente i dati della violenza e della molestia sessuale sulle donne? Almeno 6-7 milioni ogni anno.» Se il ministro, Maria Rosaria Carfagna non comprende che ci si può occupare di entrambe le situazioni da lei citate e si dovrebbe evitare questi confronti fra categorie discriminate e fra vittime; se non comprende che la discriminazione è comunque discriminazione, che l'abuso è comunque abuso sia che colpisca uno, cento o mille vittime; se non comprende che il Pride si è impegnato sempre nei confronti di tutte le discriminazioni, anche quelle sulle donne – senza doverle ricordare, per altro, che anche le lesbiche sono donne e anche le lesbiche rientrano tra le vittime dei maschi; mi risulta ancor più difficile sperare che possa comprendere come, in un certo mondo omosessuale – penso a quello degli amori fugaci dei parchi cittadini, per esempio – sia estremamente complicato dimostrare un caso di omofobia ed estremamente difficile avere cifre di denuncie da citare poiché molte vittime – tra cui padri di famiglia – si vergognano di ammettere pubblicamente le rapine, le violenze e perfino gli stupri subiti in luighi di battuage. Ritengo che il ministro Carfagna con queste affermazioni decise stia cercando in primo luogo di dimostrarsi molto determinata, in particolar modo, forse, verso i suoi colleghi maschi. Se ella stessa si sente discriminata per il suo passato, eviti di dimostrare la sua determinatezza e la sua tenacia a sfavore di categorie di persone. E inizi a farsi chiamare col suo nome, Maria Rosaria, anziché Mara, che sarà meno bello, ma sarebbe un buon modo per iniziare a combattere le discriminazioni. La notte è cominciata.

Intervista del Ministro per le Pari Opportunità al Corsera
La tristezza delle associazioni e la risposta spietata del ministro a Vladimir Luxuria

venerdì 23 maggio 2008

(In)coerenze


di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

L'impressione è che da un momento all'altro esca qualcuno da qualche angolo e gridi sorridente e beffardo "Benvenuti su Scherzi a Parte", o magari "Sorridi, sei su Candid Camera". Francamente non si spiegherebbe altrimenti questo improvviso fiorir d'amore tardo primaverile tra le due maggiori forze politiche del Paese. Naturalmente è auspicabile che in una democrazia parlamentare seria e matura non ci si insulti ad ogni occasione, specie quando le prese di posizione sono puramente di tifoseria e convenienza (ideologia no, è una parola troppo nobile per i nostri tempi). Ma questo ridicolo valzer del "prego prima Lei" "no, prima Lei, insisto" sta diventando stucchevole, patetico, ma allo stesso tempo estremamente preoccupante. Appare più come il preambolo ad una tombale chiusura verso le forze che dal basso premono per il cambiamento, un assestamento definitivo delle posizioni di potere che potrebbero diventare inattaccabili se davvero si andasse verso un puro sistema bipartitico. E questo non perché il sistema bipartitico, o comunque "un grande partito" sia un male in sé, ma perché la struttura delle due più grandi sigle italiane non ammette il reale coinvolgimento della base, ma si limita ad interpretarne gli umori, facendo spesso leva solo gli argomenti di pancia. Il rischio vero e concreto è che fra qualche anno ci saranno due sole forze al potere che si spartiranno, inattaccabili appunto, quanto c'è da spartirsi. E le prime avvisaglie di ciò si cominciano a vedere nei fatti, in questo provvedimento sicurezza/rifiuti nel quale sono stati infilati due decreti, uno per Rete4 e l'altro per il patteggiamento allargato, nel silenzio più assoluto di stampa, tv e PD. L'unico a puntare il dito è stato l'Italia dei Valori. E qui arriviamo al nodo della questione. Di Pietro è stato accusato da tutti, PD compreso, di incoerenza verso gli elettori in quanto non ha aderito al gruppo unico del Partito Democratico in Parlamento come aveva promesso in campagna elettorale. Vero, anzi verissimo. Ma c'è da chiedersi, per onestà intellettuale: è più incoerente l'Idv per non aver mantenuto la promessa di confluire nel PD - all'indomani di uno straordinario risultato elettorale che implicitamente ne ha indicato un cammino distinto dal Partitone, o è più incoerente il PD che una volta passata la bufera elettorale ha iniziato a flirtare con Berlusconi in modo quasi pornografico infischiandosene della propria base che a gran voce chiede di essere rappresentata in modo deciso e pulito? A mio giudizio l'incoerenza politica va ricercata nella sostanza e non nella forma, e in questo senso mi pare sia lampante chi fra i due partiti di opposizione riformista sia più incoerente. Ora Di Pietro si ritrova a rappresentare l'unica opposizione reale in Parlamento - a meno di cambiamenti di strategia da parte del PD, auspicabili ma improbabili - e a giudicare dalla fibrillazione che sta provocando nel "Sistema" gli sta pure venendo bene. Strano Paese quello in cui se dici cose oggettivamente vere ti additano di disfattismo, irresponsabilità, giustizialismo. Strano Paese quello in cui se cerchi di far bene il tuo lavoro di opposizione parlamentare, ovvero di evidenziare le carenze o le magagne dei provvedimenti della maggioranza, proponendo tue soluzioni, vieni tacciato di anacronistico protagonismo.

martedì 13 maggio 2008

Travagli democratici

di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

L'intenzione era quella di scrivere due righe su quanto accaduto lo scorso fine settimana a Marco Travaglio per via della sua intervista rilasciata alla trasmissione "Che tempo che fa" di Fazio su Rai3. Ma ho letto l'articolo di Andrea Pusceddu sul sito di altravoce.net e l'ho trovato praticamente perfetto, nei toni, nei riferimenti e nelle conclusioni. Dunque, mi limito semplicemente a riportare il link: Larghe intese, che brutto tempo che fa. Tutti contro Travaglio, dice cose vere già nei libri? Non c'entra: mai in tv…

E già che ci sono inserisco anche l'immancabile link a YouTube: Travaglio su Rai3

Ed infine riporto un intervento, di quelli al vetriolo come nel suo stile, di Angelo Aquilino che in tempi non sospetti - correva l'anno 2002 - scriveva così:

Da ragazzo frequentavo il collegio dei salesiani a Palermo, da alunno interno. La messa tutte le mattine, la domenica due messe. Un metodo più che sicuro per diventare ateo oppure agnostico da adulto. I preti erano dei gran tecnici sul piano scolastico delle materie classiche e letterarie ed usavano mezzi efficaci per insegnarci un buon italiano. Chi veniva colto a parlare in dialetto siciliano subiva la severa punizione di imparare poesie a memoria. Dopo tanti anni ho ancora nel mio repertorio: quasi tutto il primo libro dell'Iliade; gran parte dei Sepolcri; il 5 maggio di Manzoni; un paio di canti dell'Inferno. Era chiaramente una sopraffazione dell'identità culturale, ma a quel tempo (anni 50) non si ragionava in questi termini. Adesso vivo in Sardegna da più di trent'anni e dalla mia terra di origine mi arrivano echi sbiaditi non so quanto attendibili. Ho sentito dire che alcuni termini del nostro dialetto sono stati italianizzati d'autorità. Ad esempio il sicilianissimo Schifìo sarebbe stato tradotto in Schifani.

venerdì 9 maggio 2008

Aldo e Peppino


di dangp
dal blog
http://ladridimarmellate.blogspot.com/

Aldo Moro è stato un politico italiano, cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri e presidente del partito della Democrazia Cristiana. Venne rapito il 16 marzo 1978 ed ucciso il 9 maggio successivo da appartenenti al gruppo terrorista delle Brigate Rosse. La vicenda del suo rapimento è, ancora oggi, piena di ombre che vengono raccontate di rado quando si commemora la sua scomparsa. Nello stesso giorno venne assassinato Peppino Impastato con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Peppino Impastato nel 1976 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, capeggiati da Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga. Nel 1978 si candida alle elezioni comunali nella lista di Democrazia Proletaria e viene assassinato nel corso della campagna elettorale. Per molte persone Impastato è diventato il simbolo della lotta alla mafia, dell'impegno civile e giornalistico contro la criminalità. Quando avremo finito di indignarci per i giovani che perdono la memoria storica sulla vicenda Moro, proviamo ad indignarci anche per aver perso la memoria storica di Impastato. Forse non esistono memorie di serie A e di serie B, ma sicuramente esistono memorie di destra e di sinistra e tutto ciò è molto triste.

sabato 3 maggio 2008

Tutto sbagliato, tutto da rifare... o quasi.


di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

Dopo la batosta presa alle amministrative romane, dolorosa quanto o forse più di quella presa alle Politiche, all'interno e intorno al PD si agitano convulsamente spettri da resa dei conti. Ci si chiede continuamente di chi sia la colpa del fallimento della "nuova" proposta politica: forse di Prodi, per non aver saputo tirare una sintesi dell'articolata compagine governativa e per non aver saputo sviluppare una politica più redistributiva, o forse della premiata ditta D'Alema / Fassino, colpevoli di essersi resi protagonisti di intrecci con il mondo della finanza, o magari del nuovo leader Veltroni, che nonostante abbia goduto sostanzialmente di carta bianca nella gestione della campagna elettorale per ciò che attiene ai toni, alle priorità, alle liste e ai volti da presentare all'elettorato, non è comunque riuscito a superare il fatidico muro del 35%, né sembra aver conquistato in modo convincente nuovo elettorato né al centro né a sinistra. Ma al netto della già nota tendenza al dramma dei socialdemocratici all'italiana, andrebbero a mio avviso fissati alcuni punti fermi fondamentali dei quali è necessario assolutamente tener conto nell'azione di rilancio della proposta del Partito Democratico. Anzitutto quello certamente più lampante: laddove si ha avuto relamente il coraggio e/o la volontà di proporre qualcosa di nuovo e popolare, il PD ha raccolto consensi straordinari. Ne sono un esempio Zingaretti alla Provincia di Roma e Variati al Comune di Vicenza. E come in effetti ne è stato un esempio pure l'affluenza record registrata alle primarie di ottobre che consacrarono Veltroni (l'unico oggettivamente presentabile) e la sua nuova proposta riformista all'indomani della straordinaria manifestazione del V-Day. Insomma, pare lampante che il popolo di centrosinistra, riformista, progressista o come lo si vuole chiamare, è entusiasta e pronto a raccogliere e sostenere proposte nuove e innovatrici, ma è anche pronto a punire senza remore, proposte dal sapore di minestra riscaldata o da inciucio funzionale. Rutelli a Roma e Calearo nel Veneto (che non ha affatto spostato voti) ne sono forse l'esempio più visibile, ma se si analizza meglio il voto - ad esempio quello sardo - si scopre che le vecchie facce dell'establishment isolano hanno raccolto risultati piuttosto magri nelle proprie circoscrizioni, e che quindi il principio secondo il quale è necessario cambiare aria e facce se si vuole tornare a vincere, è più generalizzato di quanto sembri. Sebbene il tormentore dei nomi nuovi e delle forze fresche e giovani sia da circa un decennio un tantino inflazionato, oggi più che mai appare realmente una esigenza da soddisfare se non si vuole restare schiacciati tra il populismo della destra e l'antipolitica di Beppe Grillo. In seconda battuta il PD deve andare a far politica fra la gente, intercettandone le reali esigenze - che non sono solo quelle della sicurezza - e le aspettative. Uscire dai loft e dalle sezioni in modo fisico, ma in modo concreto anche uscire dai soliti metodi di confronto e ascolto, sfruttando in modo più convinto i nuovi media e le occasioni che le nuove tecnologie presentano. Infine la questione della alleanze, scottante argomento che inevitabilmente si ripresenterà ad ogni elezione amministrativa, e che a noi sardi interessa particolarmente viste le imminenti comunali a Cagliari e soprattutto le regionali del 2009. Come sarà possibile a livello di immagine e di coerenza riproporre alleanze con la Sinistra a pochi mesi dalla fratricida scelta praticata da Veltroni alle Politiche appena passate? Basterà sostenere in modo convinto in pubblico che il programma proposto sarà largamente condiviso (già sentito), o magari si farà appello al voto contro il rischio di un Pili III? O magari si sosterrà che una cosa sono le Politiche, cosa altra sono le elezioni locali - argomento questo spesso usato ma che onestamente risulta un po' poverino. Ecco allora ripresentarsi prepotentemente la necessità di un ricambio generazionale che investa non solo il PD come promesso, ma anche e soprattutto la Sinistra perché deve risultare chiaro che se in passato non è stato possibile coniugare riformismo e Sinistra non è stata colpa delle incompatibilità dei punti di vista politici, ma è stata la risultante di personalissimi interessi portati avanti da leaderini anacronistici che hanno sempre pensato al proprio orticello piuttosto che all'interesse del cittadino-elettore. Questo bisogna avere il coraggio di dirlo pubblicamente, di ammetterlo, e da questa necessaria presa di coscienza e dal superamento di questi meccanismi bisogna ripartire per elaborare nuove idee, nuove proposte e nuove strategie.

venerdì 2 maggio 2008

I biocarburanti non sono un buon'affare



di Angelo Aquilino
dal sito
www.angeloaquilino.it e www.megachip.info

Megachip ha già pubblicato vari interventi sulle energie alternative. Si è anche detto che i bio carburanti, di cui molto di parla non rappresentano la soluzione al problema energetico. Aggiungiamo altre motivazioni a questo giudizio negativo. Per produrre biocarburanti bisogna coltivare grossi quantitativi di prodotti zuccherini (canna da zucchero, barbabietola da zucchero) oppure di prodotti amidacei (cereali). La fermentazione di zuccheri ed amidacei porta all'etanolo (alcool etilico). Questa sostanza, nei motori a scoppio, ha un rendimento assai simile alla benzina. Alcuni oli di semi (colza) si usano, già da tempo e con successo nei motori diesel. Si può ipotizzare che la coltivazione di cereali a fini energetici possa andare in concorrenza con quella finalizzata con conseguente aumento dei prezzi di pane e pasta. Questa previsione che avevamo appena adombrato come possibilità remota, è già realtà come risulta dall'inchiesta che Repubblica ha pubblicato il 20 luglio 2007. A breve avremo un aumento dei prezzi di questi essenziali alimenti di circa il 20%. Purtroppo questo non è l'unico disastro prevedibile dalla eventuale diffusione di queste tecnologie. Speculatori potrebbero incettare terreni per dedicarli a queste coltivazioni. Agricoltori con pochi scrupoli, allo scopo di ottenere un reddito da terreni boschivi, potrebbero procedere a deforestazioni per fare posto a questo tipo di coltivazioni. In poco tempo si potrebbe verificare: un aumento del prezzo dei terreni; l' impoverimento dei terreni per via delle monocolture; l'aumento dei prezzi delle derrate alimentari. Dunque il peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni rurali soprattutto quelle dei paesi in via di sviluppo ma non solo. A fronte di questi gravi inconvenienti esiste anche un aggravamento dell'emissione di anidride carbonica ottenuta dalla combustione di questi carburanti a base di carbonio. Dunque i biocarburanti peggiorano la situazione climatica del pianeta, peggiorano le condizioni di vita delle popolazioni. Insomma, con buona pace dei tanti che sperano di ricavare redditi da terreni residuali, non sono affatto un buon affare.

sabato 19 aprile 2008

A freddo: Silvio c'è, la Sinistra no, il PD chissà


di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

Non starò certo qui a fare l'ennesima disamina sul risultato del voto di domenica scorsa. Con tutti i fiumi di inchiostro che sono stati riversati sui media di ogni tipo, mi pare sia francamente impossibile aggiungere altro. Silvio c'è, ora e per i prossimi cinque anni, a meno di cataclismi nella sua salda maggioranza che però paiono quantomeno improbabili per ora. Berlusconi, a meno di eccessi di personalismi leghisti, potrà "finalmente" realizzare l'Italia che ha in mente. Che questo sia un pericolo per il sistema Italia e per i suoi cittadini è certamente una considerazione di parte, ma che ha delle solide basi di ragionamento che svilupperò in un prossimo intervento. La Sinistra Arcobaleno, dopo lo sconcertante non-risultato, si è mostrata per quello che è: un'accozzaglia di sigle di partitini e di leaderini anacronistici, priva di un reale programma comune e priva di una reale intenzione di amalgamare le esperienze a sinistra del PD (come richiedeva e richiede tutt'ora la base - la Casa Comune dei Comunisti promossa da Vattimo è un esempio di raccolta di queste istanze attualmente vivissimo). Difatti nemmeno 24 ore dopo lo sfascio elettorale, ecco Diliberto sfilarsi, Bertinotti dimettersi, Giordano fuggire (salvo poi rientrare tirato per la camicia dalla Segreteria del Partito), Pecoraro Scanio farsi piccolo piccolo... Un cartello elettorale tenuto insieme solo da un senso di appartenza a Sinistra, senza nemmeno i simboli dell'appartenenza a Sinistra. Quanto al PD, la situazione è un tantino complicata. La fatidica soglia del 35% non è stata raggiunta, ma nonostante ciò la leadership di Veltroni per ora sembra essere inattaccabile, se non altro perché gli viene riconosciuto il profondo gap iniziale che ha dovuto affrontare all'indomani della caduta del Governo Prodi. Ora però il Partito è atteso al varco, sia dai suoi elettori che anche e soprattutto dai simpatizzanti con riserva, coloro i quali cioé, al centro come a sinistra (ma più a sinistra a quanto pare), hanno messo il segno sul simbolo del PD domenica scorsa, ma che sono pronti a ritornare sulle loro posizioni iniziali qualora dovessero sentirsi traditi negli atteggiamenti, nei programmi, nelle lotte di opposizione. La bufera dello sciogliemento Dl e Ds, della nascita del PD, della caduta del Governo di centrosinistra, delle elezioni e del post elezioni sta oramai esaurendo il suo impatto. Nei prossimi mesi (diciamo un annetto) si vedrà se Veltroni riuscirà a vincere gli attriti interni e a dare definitivamente corpo e slancio alla nuova esperienza politica, o se invece dovrà ripiegare su semplici assestamenti di potere, con magari qualche nome nuovo e qualche forma nuova di comunicazione, che sarebbero la morte definitiva non solo del PD, ma di tutto il versante riformista italiano.

lunedì 14 aprile 2008

A caldo: Silvio c'é, la Sinistra no, il PD forse


di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

Ha vinto Silvio. Una vittoria prevedibile resa schiacciante però non dall'armata personalissima del Cavaliere - che anzi se si sommano i precedeti risultati singoli di An e FI si scopre che il Pdl è piuttosto sotto - ma da uno strabiliante risultato della Lega (in Veneto oltre il 25%! Roba da secessione sul serio!). Il risultato schock è però rappresentato dalla scomparsa della Sinistra dal Parlamento italiano. Qualcuno in qualche talk show post-elettorale ha già parlato di pericolo di ritorno nelle strade della Sinistra estrema, radicale e massimalista, per me invece esiste il pericolo concreto della perdita di un patrimonio umano e culturale causato da una dirigenza incapace di capire e interpretare la base. E' da quando Fassino, Rutelli & C. hanno messo in cantiere il PD che la base delle varie sigle delle sinistre chiedeva a gran voce la nascita di una formazione forte in grado di supportare da Sinistra un'azione di Governo progressista, in modo costruttivo, ordinato, efficace. Invece nulla, i vertici hanno continuato a specchiarsi nei loro personalismi e ad ignorare bellamente le richieste che provenivano dai propri iscritti e più in generale dagli elettori e dai simpatizzanti. Solo quando la situazione si è fatta veramente critica si sono inventati un simbolo e un cartello elettorale senz'anima, senza mordente, e soprattutto senza possibilità di rappresentanza con un peso politico decente. E allora ecco che l'elettorato di sinistra o si è astenuto (una buona parte), o ha votato Sinistra Critica (molto pochi), o ha votato PD (un discreto numero) sperando che in qualche modo prevalga la parte "sinistra e laica" del partitone post-ulivista. Quanto al PD, giudizio a mio avviso rimandato. Bene in generale - il recupero è stato notevole - molto bene solo se supera il 35%, perché solo così Veltroni potrà realmente incidere con le sue idee di cambiamento del sistema Partito. Sotto il 35 sarà dura tenere a bada le diverse posizioni. Staremo a vedere.

venerdì 11 aprile 2008

Buon voto a tutti!

Ricordando che il voto è certamente un diritto e non un dovere, ma che è anche un privilegio, auguro un buon voto a tutti e ricordo che si vota così:

ma si può votare anche così, tutto sommato:

lunedì 7 aprile 2008

Dialogo con un marziano


di Massimo Mazzucco
dal sito
www.luogocomune.net

L’altro giorno è venuto a trovarmi da Marte un amico che non vedevo da moltissimo tempo. Come è noto infatti i marziani vengono raramente sulla terra, e quando lo fanno trovano sempre mille occasioni per stupirsi di noi. Questa volta non è stato diverso. Il mio amico aveva sentito dire che “fra poco ci saranno le elezioni”, e voleva sapere da me che cosa fossero.

terrestre
- marziano

Le elezioni sono il momento più importante nella vita di una democrazia.
E cos’è una democrazia?
Una democrazia è un sistema di governo basato sulla volontà del popolo.
Cioè?
Vuol dire che è il popolo a decidere cosa si deve fare, nella cosa pubblica. Democrazia infatti significa “potere del popolo”.
E come fate, a decidere cosa si deve fare? Con sessanta milioni di persone da accontentare...
In una democrazia si accetta già in partenza la volontà della maggioranza, e gli altri si devono adeguare.
D’accordo, ma come fate a esprimere queste scelte? Tecnicamente, intendo dire: non mi dirai che ogni volta che c’è da decidere qualcosa telefonano a tutti i cittadini!
No, certo che no. La nostra infatti è una democrazia di tipo “rappresentativo”. Vuol dire che viene scelto un certo numero di persone, alle quali si dà il compito di rappresentare la volontà di tutti gli altri. Poi sono loro ad occuparsene.
Ah, capisco. E come le scegliete, queste persone?
Con le elezioni, appunto. È proprio questo che avviene fra qualche giorno. Andiamo in un posto speciale, che si chiama seggio elettorale, e lì ciascuno indica chi vuole che vada a governare in nome suo.
Interessante, come sistema. Ma... potete scegliere chiunque?
Teoricamente si, chiunque ha diritto di essere eletto. In realtà, per evitare che ciascuno elegga suo cugino, prepariamo prima delle liste apposite, e i nomi vengono scelti fra quelli.
E come decidete i nomi da mettere sulle liste? Tirate a sorte?
No, non ce n’è bisogno. Ci sono delle persone che si offrono spontaneamente per fare questo mestiere. Si chiamano politici, e si “candidano” – cioè si propongono - per essere eletti.
Devono essere persone particolarmente generose – commentò il mio amico - se vogliono dedicarsi alla cosa pubblica mettendo in secondo piano i loro interessi privati.
Oddìo ... diciamo che comunque vengono ricompensati adeguatamente per quello che fanno. Lo stipendio di un politico non è proprio da buttare via.
Beh, mi sembra giusto. Dopotutto, si assumono delle grosse responsabilità, ed è giusto che siano compensati in maniera adeguata.

Il mio amico riflettè per un attimo, poi disse:

Ma, scusa... come fate voi a scegliere le persone che vi devono rappresentare?
Le votiamo, te l’ho appena detto.
Questo l’ho capito. Intendevo dire, come fate a scegliere un candidato piuttosto che un altro? In base a che cosa li scegliete? Li conoscete tutti di persona?
No, certo che no. Li scegliamo in base alle loro proposte. Quando un politico si candida, spiega che cosa intende fare una volta arrivato al governo.
Ah, ecco! Ora capisco.
Si chiama campagna elettorale. Nel periodo che precede le elezioni, i politici vanno in giro un po’ dappertutto, nelle piazze come in televisione, e spiegano agli altri cittadini quali sono le loro intenzioni se saranno eletti a governare. A quel punto i cittadini hanno la possibilità di scegliere a ragion veduta...
Capisco. Ma, scusa... se per caso il politico, una volta eletto, non fa quello che aveva promesso di fare, voi come vi regolate?
Devo dire che hai messo il dito nella piaga, caro amico, perché il problema della democrazia è proprio questo: i politici promettono, ma non mantengono quasi mai.
Quasi mai? Addirittura? Forse si assumono degli impegni troppo gravosi per poi poterli mantenere?
No, anzi, è l’esatto contrario! Già ti fanno delle promesse vaghe e fumose, e poi riescono a non mantenere nemmeno quelle.
Ma allora perché li votate, scusa?
Li votiamo... beh, li votiamo perché non abbiamo scelta.
Come, non avete scelta? Non mi hai appena detto che alle elezioni si può candidare chiunque?
Sì, teoricamente sì. In pratica però ti trovi davanti sempre le stesse persone da trent’anni a questa parte.
Forse quel lavoro non è così appetibile, e non ci sono altri che si offrono.
Ma figurati! Anzi, è talmente appetibile che una volta arrivati al potere questi fanno di tutto per non doverlo più mollare.
Ad esempio?
Ad esempio fanno delle leggi per cui non voti più i singoli individui, ma voti un partito. Dopo sono quelli del partito a decidere chi andrà a governare.

Raramente mi era capitato di vedere un marziano strabuzzare gli occhi in quel modo. Le piccole antenne sulla testa cominciarono a girare veloci, e mi sembrò persino di veder uscire un po’ di fumo dalle sue orecchie...

Ma come? Non era il popolo che doveva scegliere chi lo deve rappresentare al governo?
Era. Ma loro hanno cambiato la legge apposta, proprio per evitare di dover cedere il potere a qualcun altro.

Le antenne si fermarono di colpo, gli occhi tornarono normali, e il mio amico mise in mostra un grandissimo sorriso...

Ma allora la soluzione è semplicissima.
Sentiamola, questa soluzione semplicissima.
Basta smettere di votarli, no?
Certo. Hai scoperto l’acqua calda.
Perchè, scusa? Non mi dirai che ti obbligano a votarli con la pistola puntata alla tempia!
No, certo che no. Se io volessi potrei tranquillamente starmene a casa, invece di andare a votare. Il problema sono gli altri: anche se io stessi a casa, non cambia comunque nulla. Gli altri vanno tutti a votare, e le cose rimangono immutate.
Ma perché, gli altri non la pensano come te? - In che senso? - Voglio dire, gli altri sono contenti di come stanno le cose, invece?
No, non credo proprio! Almeno, a sentire in giro si lamentano tutti.
Ma allora basta che vi mettiate d’accordo, no?
Non serve a niente. Anche se l’80% della popolazione decidesse di non votare, con il 20% dei voti quelli si fanno eleggere lo stesso. Teoricamente, basta un solo voto, e quelli rimangono comunque al potere.
C’è qualcosa che non mi quadra aspetta un attimo...

Da verde pisello, la sua pelle era diventata di un blu profondo. I marziani prendono sempre quel colore, quando pensano con intensità. Dopo un certo tempo, il volto del mio amico tornò del suo normale colore.

Ho cercato di computare tutte le informazioni che mi hai dato ma il mio cervello segnala una incongruenza logica che non riesco a individuare. Dunque, ricapitoliamo: tu mi hai detto che “democrazia“ significa potere del popolo, giusto? E mi hai anche detto che in una democrazia la minoranza accetta sempre il volere della maggioranza, giusto? Ma se quelli vanno al governo con il 20% dei voti, come fanno a dire che rappresentano la maggioranza?
Infatti, non la rappresenterebbero.
Ma allora non possono avere il diritto di restare il governo, scusa!
Però ci resterebbero lo stesso.
D’accordo, ma con quale autorità potrebbero promulgare una qualunque legge?
Con l’autorità che si danno loro stessi.
Con l’autorità che gli ha dato il 20% dei cittadini, vorrai dire.
Sì, certo. Ma che differenza fa?
La differenza è che non sei più obbligato a rispettare le leggi che fanno, perchè non esprimono più la volontà della maggioranza.
Forse non sono stato chiaro ma io parlavo della maggioranza dei votanti, non degli italiani. Quelli che non vanno a votare non contano nulla. Ecco perchè io vado a votare comunque.
Scusa, ma non capisco.
Voglio dire che se io non voto mi devo sottomettere alle scelte degli altri.
Ma anche se voti, ti devi sottomettere alle scelte degli altri, no?
No, se voto scelgo io.
Ma se mi hai appena detto che ti ritrovi davanti sempre le stesse persone, e che nessuna di queste ti va bene, che razza di scelta è la tua? E’ una illusione di scelta la tua, non è una scelta vera.

Ci fu un lungo silenzio, poi il mio amico disse:

Ora l’ho capito, dove sta il trucco: si illude la gente di scegliere, perchè è indispensabile la loro firma per poter comandare, e poi si conta sul fatto che ciascuno abbia paura delle scelte degli altri, per continuare a vederli votare comunque. Geniale, devo dire, come idea. Feroce, ma geniale.
(...)

sabato 5 aprile 2008

Caro Silvio ti scrivo


di Salvatore Di Palma
dal sito
www.megachip.info

Egregio signor Berlusconi,
Sono rimasto sorpreso nel ricevere la sua lettera del mese di febbraio 2008 nella quale lei mi designa come un suo «caro amico», mentre due anni fa lei mi annoverava nel folto battaglione dei «coglioni» per aver democraticamente e lucidamente votato per un partito che non era il suo. No grazie, non voglio essere annoverato amico di chi a sua volta è amico di Fini, di Bossi, di Calderoli, di Cuffaro e di Dell'Utri, perché come dice il proverbio : gli amici dei miei amici sono anche miei amici ! Il contenuto della sua lettera offende non solo la mia intelligenza ma anche quella di tutti gli italiani residenti all'estero, dei quali lei sembra avere una idea arcaica e non del tutto esatta.
Per sua informazione, tra gli italiani residenti all'estero c'è una moltitudine di persone colte, multi-laureate e che conoscono perfettamente più lingue straniere. Essi si sono adattate al costume (altamente democratico) e all'educazione civica del paese che offre loro l'ospitalità. Inoltre grazie all'obbiettività dei media internazionali sono in grado di conoscere la situazione economica e politica italiana e soprattutto di discernere il vero dal falso che lei vomita ogni giorno nell'arena politica italiana attraverso le sue televisioni e numerosissimi giornali di sua proprietà. Quindi a noi non la da si facilmente da bere come disgraziatamente accade per una parte dei cittadini italiani. Non saprei dire se è ridicolo o semplicemente vergognoso vedere durante il Tg 4 (di sua proprietà) una sua foto di almeno venti anni fa esposta interrottamente durante 10 minuti, mentre il suo fido Fede le fa delle domande manifestamente suggerite o per lo meno concordate prima con lei. Deve sapere (anzi lei finge come al solito di non sapere) che all'estero è impensabile che una cosa del genere possa accadere, poiché non si tratta di telegiornale ma di pura e semplice propaganda elettorale.
Fatta questa premessa vengo al contenuto fallace della sua lettera.
Lei asserisce che la responsabilità della vicenda dei rifiuti campani è da attribuirsi soltanto ed esclusivamente al governo Prodi, mentre lei stesso sa che l'emergenza in Campania è iniziata nel 1994 e che lei che é stato al governo per lunghi anni non ha mai mosso un dito per sanare la situazione. Ci dica piuttosto cosa ha fatto lei durante il suo mandato per evitare questo disastro.
Con quale sfacciataggine lei può affermare che durante il suo governo fino al maggio 2006, « l'Italia aveva riconquistato un ruolo di preminenza in Europa e nel mondo », mentre appunto durante questo periodo noi italiani all'estero ci vergognavamo della figuraccia che a molte riprese lei ha fatto fare all' Italia e a noi tutti gli italiani con i suoi discorsi incoerenti, le sue dichiarazioni fantasiose, i suoi gesti ridicoli e le sue stupide barzellette da « Bar dello Sport ». Il suo senso smisurato di superiorità e la sua smoderata sicurezza di se stesso l'ha condotto spesso a credere che a noi italiani all'estero potesse sfuggire il fatto che, quando lei partecipava alle riunioni a Bruxelles, la sua era solo una partecipazione di facciata, standosene rintanato in un lussuoso hotel e comparendo solo a riunione terminata per fare una conferenza stampa durante la quale si attribuiva il merito delle decisioni altrui. Disgraziatamente lei ha sempre confuso, e continua tuttora a confondere, lo spot pubblicitario e i suoi propri interessi con la politica italiana che invece, e mi dispiace che sia io a dirglielo, é qualcosa di molto serio che concerne la vita quotidiana di milioni di italiani. Della sua politica con Bush non ne parliamo neanche per non rigirare il coltello nella piaga. Ecco perciò io e molti altri italiani residenti all'estero auspichiamo che lei non ritorni a fare il pagliaccio in Europa o altrove.
E poi, con quale coraggio lei può affermare che è grazie al simbolo del Popolo della Libertà, e quindi grazie a lei, che « nelle prossime elezioni si supereranno i frazionismi e personalismi e soprattutto si eliminerà quella giungla di simboli che in passato hanno creato confusione fra gli elettori » ? Sappiamo che lei é un esperto nell'attribuirsi le idee, le azioni positive degli altri, ma dimenticare che fu proprio lei che mandò in aria all'ultimo minuto la trattativa concernente l'elaborazione di una nuova legge elettorale che avrebbe evitato appunto l'esistenza di 35 partiti e più di 170 simboli. Negare questi fatti vuol dire avere la faccia di bronzo oppure essere smemorato
Come vede lei prese e continua a prendere per i fondelli non solo i suoi elettori ma tutti gli italiani.
Lei non lo dice, ma noi sappiamo che durante tutti gli anni in cui ha governato lei si é occupato unicamente dei suoi affari giudiziari ed economici, con leggi ad personam e condoni insensati, dilapidando così le risorse pubbliche mentre lasciava da parte la politica di sostegno agli anziani, alla famiglia e ai giovani.
Inoltre tutti sanno, eccetto lei ed i suoi accoliti, tra i quali spicca la figura del grande economista Tremonti, che il suo governo aveva fatto salire il debito pubblico a 106,5 punti rispetto al Pil, mentre Prodi l'ha fatto scendere di 2,5 punti portandolo al 104. Inoltre la spesa pubblica é tornata sotto controllo e la lotta contro la piaga dell'evasione fiscale ha portato più di 20 miliardi alle casse dello Stato. Infine il deficit ereditato dalla sua legislatura é diminuito dal 4 all'1,9 per cento mentre il debito pubblico é stato ridotto del 2,5 per cento rispetto al Pil riducendo così il disavanzo dello Stato al punto più basso degli ultimo dieci anni. Mica male per qualcuno (Prodi) che lei ritiene un incapace e che non cessa di offendere ogni giorno ! Lei é un sedicente « Cavaliere » che non conosce neppure le più elementari regole della cavalleria, una delle quali è quella di riconoscere il valore e la lealtà del proprio avversario.
Per tutte queste ragioni le rimando la sua lettera sperando di non riceverne altre nel futuro, e nel bene degli italiani e soprattutto dell' Italia spero vivamente, anzi prego Iddio ogni giorno, che né lei, né i suoi stretti seguaci, possano nel futuro rappresentare la nostra tanto cara e bella Italia che, ne sono certo, si farà carico di dimenticarvi al più presto possibile.
I miei più irrispettosi saluti,
Salvatore Di Palma

sabato 29 marzo 2008

La porta in faccia


di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

Ho contato fino a dieci. Perché così consiglia un vecchio adagio e perché così consiglia il buon senso. Ho contato fino a dieci perché prima bisognava vedere quali erano le reali intenzioni. Ma ad ulteriore conferma che i proverbi non sono una sciocchezza, un retaggio qualunquista del passato, ma rappresentano una sintesi estrema ma profonda delle virtù e soprattutto dei vizi dell'essere umano, si è ahimé avverata una mia previsione azzardata all'indomani della chiusura del sito pdsardegna.it a favore del "nuovo" sito ufficiale del Partito Democratico in Sardegna, una previsione fatta sotto voce con la premessa che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci s'azzecca. Il fatto è noto: esisteva un sito (da sette anni) prima dscagliari.it, poi pdsardegna.it, che rappresentava uno spazio democratico di confronto e dibattito tra persone che nell'area di centrosinistra si riconoscono ma che all'area di centrosinistra hanno tanto da dire. Un sito che non era diretta espressione della dirigenza del partito e che da questa è stato sempre ignorato nonostante i ripetuti inviti ad intervenire ai dibattiti telematici che si sviluppavano con cadenza più o meno settimanale. Un sito che aveva il pregio principale di dimostrare ai lettori/elettori che si poteva far politica all'intero di un Partito anche senza condividerne tutte le scelte e tutte le posizioni. Che soprattutto dopo la spiazzante (in termini di ideologie e schieramenti) novità del PD, era possibile tentare di imprimere un nuovo circolo virtuoso che partisse dal basso e che contribuisse a scompaginare i vecchi schemi politici e partitici fatti di chiusura, lentezza, esclusione del cittadino, distanza. Beh, ora questo sito non esiste più. Non esiste più perché la dirigenza del Partito ha chiesto che venisse ceduto lo spazio ad un nuovo soggetto al quale è stato assegnato il compito di creare, su standard nazionale, il "sito ufficiale" del Partito Democratico in Sardegna. Al di là della profonda mancanza di rispetto personale dimostrata dal nuovo Responsabile il quale non si è degnato di "intervistare" e/o contattare, né tantomeno di coinvolgere nessuno dei redattori di pdsardegna.it, il nuovo sito "ufficiale" del PD sardo è la quintessenza della retorica autocelebrativa tipica del vecchio modo di fare campagna elettorale. Slogan, foto, liste della spesa (il programma), bacheca di appuntamenti. Stop. Nemmeno una traccia di commento, di dibattito, di considerazione, di spazio pubblico. Nemmeno il link al blog del Circolo telematico n. 1, o magari il link ai vecchi interventi fatti su pdsardegna.it. Niente, tabula rasa. Una irritante manifestazione di arroganza verticistica che ha prodotto un sitarello che scimmiotta quello nazionale, il quale ha almeno il pregio di lasciare uno spazio libero ai lettori e che comunque può contare su interventi di personaggi di un certo calibro e che non necessariamente sono appiattiti sulle decisioni della dirigenza, pur tenendo conto dei toni soft utilizzati per muovere critiche in piena campagna elettorale. Il motivo di questa illuminante manovra della dirigenza sarda rientra comunque perfettamente nello schema isolano (ma anche nazionale - se si esclude la spinta innovatrice di Veltroni) fatto di paura della critica, di rendita di posizione, di ignoranza strategica, ma soprattutto di incapacità a tener botta alla impressionante spinta che dal basso preme per un cambiamento. Non so se sia più preoccupante concludere che la dirigenza sarda non ha capito l'importanza fondamentale della rete nel futuro della vita politica e dunque anche dei consensi oltre che dei contenuti, oppure che pur comprendendone l'importanza ne ha di fatto paura. Che uomo è chi ha paura delle critiche e del confronto? Non un uomo dal quale mi fa piacere essere "governato" certamente.

Doveroso Errata Corrige: il link ai vecchi articoli del sito pdsardegna.it c'è nel nuovo sito in questione. Piccolo, in un angolino, ma c'è. Rendiamo grazie a Mr. Madeddu.

mercoledì 26 marzo 2008

Assemblea aperta per presentazione Circolo di Ussana

Il coordinamento del PD ussanese
dal sito
http://lanostraussana.blogspot.com

Sabato 29 Marzo 2008 alle ore 17.30, presso il circolo “Antonio Gramsci” in via Sant’Angelo 18, si terrà un’assemblea aperta a tutti, col seguente ordine del giorno:
- inaugurazione del circolo;
- presentazione dei candidati del PD;
- presentazione del programma del PD;
- Consegna attestati primarie 14 ottobre;
Saranno presenti: Amalia Schirru - candidata PD alla Camera dei Deputati, Paolo Fadda - candidato PD alla Camera dei Deputati, Valentina Sanna - direttivo regionale PD, Silvio Cherchi - consigliere regionale PD.

martedì 25 marzo 2008

Nasce il Circolo di Serrenti


di Luca Becciu
dal sito
www.pdserrenti.it

A Serrenti si è costituito il Partito Democratico. Il gruppo dirigente è formato da 30 persone, 15 donne e 15 uomini, nella stragrande maggioranza sotto i 30 anni e con molteplici esperienze nel campo dell'impegno sociale. Una delle prime attività del nuovo gruppo dirigente è stata quella della creazione di un sito dove poter discutere di politica, incontrarsi e confrontarsi con i cittadini e gli elettori. Il sito internet è raggiungibile all'indirizzo http://www.pdserrenti.it/. Tra gli ultimi post vi invitiamo a soffermarvi sul programma del Partito Democratico per le Elezioni politiche del 2008, pubblicati nella sezione "Italia". Accedete al sito, registratevi e commentate tutti i post e in particolare i 12 punti dell'azione di governo del Premier Walter Veltroni.

domenica 23 marzo 2008

Il Tibet vittima dell'ipocrisia della Comunità Internazionale


di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

La paura più grande che ha attraversato la schiena di un po' tutti gli attori della drammatica situazione tibetana, è stata quella di trovarsi alla vigilia di un nuovo periodo di guerra civile e sanguinaria repressione come quella - non l'unica ma probabilmente la più violenta - del biennio 1966/1968. Gli atti di vandalismo organizzato e mirato, la sistematica persecuzione delle persone, dei simboli, delle istituzioni tibetane perpetrate ininterrottamente e impunemente in quegli anni dall'esercito cinese, rappresentano ancora oggi uno shock indelebile nella coscienza collettiva del popolo tibetano. Per avere un ordine di grandezza della tragedia che il popolo tibetano ha attraversato e sta tutt'oggi subendo, bisogna ricordare che dal 1950 - anno in cui l'esercito di "liberazione" cinese entrò in Tibet con il pretesto di liberarlo dall'imperialismo inglese, approffittando della distrazione che la contemporanea guerra tra le due Coree generava - si contano circa 200 mila profughi (perlopiù rifiugiatisi in India), danni incalcolabili ad opere d'arte, edifici di culto, luoghi sacri, e quel che più deve far riflettere, circa un milione e mezzo di vittime. Come è facile comprendere, la stima delle vittime è assolutamente deficitaria e approssimativa, e probabilmente in difetto. Il governo cinese ha sistematicamente tentato di cancellare dalla faccia della terra il popolo tibetano - acutizzando la propria morsa repressiva nei periodi in cui il Dalai Lama si opponeva con più forza, magari con atti di diplomazia internazionale. Il motivo è chiaramente di natura economica e strategica: posizione ottimale posta tra India e Cina, imponenti e vitali riserve d'acqua, giacimenti di minerali preziosi come oro e soprattutto uranio. L'unica speranza per i tibetani e per le loro terre e la loro millenaria cultura, è rappresentata dal carisma del proprio leader, il Dalai Lama Tenzin Gyatso - premio Nobel per la Pace nel 1989 e dalla comunità internazionale. Una comunità internazionale che si è interessata al caso Tibet solo a corrente alternata e che non ha mai - e tuttora continua a non avere - il coraggio di boicottare, riprendere, denunciare con forza il gigante cinese. Nemmeno alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino si riesce a trovare la forza di porre delle ferme condizioni al regime comunista cinese, e ci si continua a piegare, con acrobazie verbali ipocrite e in alcuni casi addirittura pretestuose, alle perverse logiche di una realpolitik - al potere degli interessi economici e strategici in sostanza - che sta ammorbando la diplomazia internazionale. L'unica nota positiva che è venuta fuori da questa nuova crisi Cina/Tibet, è il ruolo da protagonista che la rete si è saputa ritagliare anche in questa drammatica circostanza. Nonostante le censure attuate sui principali portali Internet, alcuni blog privati sono riusciti a trasmettere al mondo intero immagini esclusive di quanto stava accadendo in Tibet nei giorni della rivolta, rendendo possibile una chiave di lettura della realtà dei fatti non più criptata dal governo cinese. In un sistema in cui l'informazione è sempre più in mano ai gruppi di potere, la potenzialità democratica che la rete offre rappresenta un importante tessera del mosaico della quali tutti dovremo tener conto.

sabato 22 marzo 2008

Quando anche gli operai votano a destra


di Massimo Marini
dal blog http://massimomarini.blogspot.com

Il sondaggio è sulla bocca di tutti, su tutti i giornali. Fino a vent'anni fa la percentuale di cittadini appartenenti alla classe operaia che votava a sinistra raggiungeva percentuali quasi bulgare. Quest'anno, probabilmente per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, a causa della fallimentare e sempre più distratta politica della sinistra riformista, ma anche e soprattutto della sinistra radicale, la maggioranza dei così detti operai, voterà per Berlusconi. Sarà perché dato che non sono arrivati risposte e fatti concreti dalla sinistra al Governo sul tema del lavoro, si cerca perlomeno di ricavare qualcosa sul tema della sicurezza e della concorrenza del lavoro extra-comunitario dalla destra? O forse la litigiosità e l'inconcludenza del centrosinistra stanno irritando il cittadino-operaio? O forse il programma politico della Pdl in materia di lavoro dipendente (specie per quanto riguarda le tasse) convince di più? Si può biasimare un operaio - ma mettiamoci pure un impiegato, che tanto il livello salariale al sud non è poi così differente tra queste due "categorie", che decide di votare Pdl e Berlusconi perché, non importa come, promettono di abbassare la pressione fiscale? Riuscirà il PD a spezzare con argomenti plausibili l'equazione sinistra (o giù di lì) = tasse?

martedì 18 marzo 2008

W la Repubblica!

di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com
e dal sito
www.beppegrillo.it

Io non credo che ci sia bisogno di ulteriori commenti. Il quotidiano La Repubblica che prima diffama Grillo e poi ritratta a stretto giro. La situazione è talmente preoccupante che non credo ci sia da aggiungere molto. Riporto solo un estratto di un commento che Anarcadia ha fatto su questo blog "...Ti faccio un esempio: la democrazia liberale, al contrario di una dittatura, non prevede censure agli organi di informazione, ma, di fatto, siccome a parlare è chi ha i soldi per parlare tramite i media, sta di fatto che una censura comunque avviene, perchè è ovvio che chi detiene il potere di persuasione difficilmente lo userà per suggerire al popolo ipotesi diverse da quelle che a lui faranno comodo. Se la persuasione sta alla democrazia come la forza sta alla dittatura, è ovvio che il problema della parzialità dei media è un problema strutturale che lascia lo stato liberale in balìa dei poteri economici, esautorando in essi l'autorità del popolo e del potere politico che quel popolo dovrebbe rappresentare..."

domenica 16 marzo 2008

L'effetto Unione nel nuovo PD


di Massimo Marini
dal blog
http://massimomarini.blogspot.com

Se si va al di là dell'effetto provocato dalla decisione di Veltroni di correre da solo per le elezioni di aprile, e si cerca di comprendere più in profondità la natura del nuovo soggetto riformista, ci si accorge probabilmente che le differenze con la classica coalizione di centrosinistra all'italiana non sono poi tante. A mio avviso la smania di inclusione che sta prendendo Veltroni sta diventando piuttosto pericolosa e sta riportando il PD in quel vortice di prese di posizione, differenze, distinguo e personalismi che ha contraddistinto in negativo l'esperienza dell'Ulivo e dell'Unione. I c.d. teodem sembrano non voler arretrare di un passo sulle questioni etiche legate ai diritti degli omosessuali e della ricerca scientifica, posizioni diametralmente opposte a quelle dei radicali che oltretutto già scalpitano per non aver ottenuto i posti sicuri che si aspettavano nelle liste elettorali. Così come gli "industriali illuminati" Calearo e Colaninno hanno una visione decisamente distante dagli ex DS in materia di lavoro e diritti dei lavoratori. L'impressione è che si stia tentando di fare una sorta di nuova DC senza però quel magnetismo che ha contraddistinto la balena bianca, figlio non solo della più carismatica classe dirigente del dopoguerra italiano, ma anche e soprattutto di uno scenario politico e mediatico profondamente diverso, a destra come a sinistra. Se si aggiunge poi che i vari leaderini delle diverse posizioni stanno nuovamente iniziando a rilasciare dichiarazioni "fuori sincrono" con la dirigenza, si comprende meglio cosa intendo per "effetto Unione" nel PD. La base del Partito, così come gli elettori che simpatizzano per il progetto, vogliono l'assoluta certezza che ciò non accada, vogliono un Partito riformista capace di trovare la sintesi delle proposte delle proprie anime senza lacerazioni o divisioni intestine, vogliono un Partito in grado di prendersi le proprie responsabilità di governo. Ci si aspetta un Partito consapevole che governare significa anche scontentare qualcuno, sporcarsi le mani. Un Partito capace di arrivare in fondo alle questioni senza farsi travolgere dalle ingerenze o dalle urla ad alta voce (penso ai Dico come alle liberalizzazioni, ma penso anche alla tutela dei lavoratori e dell'ambiente). Ho avuto più volte modo di criticare l'operato di Zapatero dalle colonne del sito DS di Cagliari per le scelte piuttosto discutibili che il leader spagnolo nascondeva fra le pieghe delle importanti ed eclatanti riforme che ne hanno contraddistino il primo mandato, ma è anche vero che il PSOE è un esempio lampante di come si fa Governo in modo responsabile e autonomo. La stragrande maggioranza dei cittadini elettori non è così interessata al "come" la classe dirigente politica intenda risolvere i problemi, quanto al fatto che si inizi ad affrontarli e a risolverli in modo concreto, senza inutili perdite di tempo dietro le ideologie, i personalismi, le virgole, i se e i ma. Il PD può incarnare questo superamento dei concetti di destra e sinistra dietro il più propositivo termine "riformista" ma lo deve fare con convinzione, senza se e senza ma appunto.

giovedì 13 marzo 2008

Veltroni come Obama, una speranza di cambiamento.


di Simone Campus

dal sito http://www.pdsardegna.it

Barack Obama è l'assoluta novità delle primarie USA. Una novità dirompente. Un anno fa Obama ha lanciato la sua candidatura a Springfield, nel luogo dove nel 1858 il repubblicano Abramo Lincoln aveva pronunciato uno dei suoi più famosi discorsi contro la schiavitù. Nel 2000, alla convention di Los Angeles che incoronò Al Gore, non lo avevano nemmeno fatto entrare. Il discorso è lo stesso che in questi anni ha ripetuto centinaia di volte, ottimista, speranzoso e kennedyano. Per questo la corsa di Obama è già andata oltre la stretta contingenza della candidatura alla presidenza ed è diventato un fatto culturale che sta entrando pesantemente anche nella campagna elettorale italiana. Obama percorre l'America in lungo e in largo ed è motore di uno straordinario entusiasmo che non conosce confini partitici e ideologici. Walter Veltroni ha descritto il senatore dell'Illinois come il nuovo Kennedy. Per i giovani è il nuovo messia di Washington, una rock star prestata alla politica, un salvatore della patria capace, come ripete lui stesso a ogni comizio, di poter "guarire il paese" e tirarlo fuori dalle trincee delle battaglie culturali degli anni Sessanta e da quelle partitiche dei Novanta. Ed è da qui che dovrebbero ripartire anche i democratici italiani che hanno finalmente trovato un leader forte in Walter Veltroni. Come ha scritto Paolo Mieli, la scelta del Partito democratico di presentarsi da solo alle elezioni non è un espediente. D'altra parte se il centrosinistra si fosse ripresentato insieme, come nel 2006, l'esito sarebbe stato comunque catastrofico. Una catastrofe dipesa non tanto dalla prova offerta dal governo Prodi che «nelle condizioni date ha offerto una prestazione di tutto rispetto». L'esito per il centrosinistra sarebbe negativo invece per l'indisponibilità di partitini a farsi carico della logica di coalizione, «ovvero del rispetto del principio di maggioranza all'interno della coalizione stessa». «La novità Obama, come quella Veltroni, non sta nelle sue proposte politiche, nella sua opposizione alla guerra in Iraq, nelle sue ricette economiche. Non è questo che entra nella pancia degli elettori». Veltroni e Obama sono il messaggio. Rappresentano un cambiamento che più radicale non potrebbe. Le loro parole sono rese credibili dalle rispettive storie personali. Le loro armi sono la retorica ispirata all'ottimismo e alla credibilità di una proposta politica coerente. Walter Veltroni non poteva presentarsi alla guida di un partito legato ad alleati indisciplinati ed inaffidabili, e bene ha fatto a correre in solitudine. «A questo punto della storia della sinistra italiana, si tratta di una costrizione provvidenziale che ha obbligato il Pd a tagliare d'un colpo un nodo che altrimenti sarebbe rimasto ancora a lungo aggrovigliato [Mieli]». Il senatore Ted Kennedy si è schierato al fianco di Barack Obama. All'American University di Washington ha dichiarato: «Sento aria di cambiamento. Barack è un uomo con uno straordinario spirito di leadership e un temperamento unico». Secondo Kennedy sono le battaglie per i diritti civili, la giustizia sociale e le pari opportunità in economia a fare di lui il Jfk del 2000. «Dall'inizio Barack si è opposto alla guerra in Iraq - ha ricordato Kennedy - e non ha permesso a nessuno di negare l'evidenza dei fatti». Sul palco dell'American University oltre al candidato afro-americano, e al senatore del Massachusetts, c'erano il figlio Patrick e la nipote Caroline, figlia di Jfk: «Obama ispira lo stesso senso di speranza e di fiducia». Il pensiero va inevitabilmente a Veltroni, innamorato della figura di JFK. Walter uno che quando parla vola alto, all'economia preferisce la visioni immaginifiche, vuole ridare speranza all'Italia in crisi, vuole ricucire le divisioni che attraversano lo stivale. Sogna un partito capace di gettare ponti, di unire gli estremi, che parli a tutti, ma governi con le idee chiare. Walter scava tra la gente e lo fa con passione, un ardore che non si vedeva dal 1996, seducendo proprio quei giovani che erano i più lontani dalla politica e che adesso sono la sua forza, la sua armata invincibile. Quello che sta determinando il Partito democratico nel panorama politico italiano (sempre che Veltroni riesca a tenere in barba alle irragionevoli obiezioni di alcuni dei suoi) va al di là di ciò che si deciderà il 13 e 14 aprile. Se il Pd uscirà consacrato da un risultato abbondantemente superiore al 30 per cento, anche in caso di sconfitta, potrà dispiegare una politica potente in grado di dare frutti molto prima di quanto si pensi. E' vero che il Popolo delle libertà al nastro di partenza per la corsa del 13 aprile ha maggiori chances di vittoria, ma è altrettanto vero, come dice Mieli, che la coalizione berlusconiana è in grande ritardo sulla via della formazione di un partito unico e questo agli occhi di chi vuole investire in stabilità conta. I sondaggi dicono che la principale forza di W.V. è di essere percepito come il candidato del cambiamento, per questo non voglio farmi sfuggire l'occasione per augurarmi che Veltroni riesca a ridare anche a noi quello che Obama sembra possa ridare agli americani: una speranza.

lunedì 10 marzo 2008

Come farsi del male da soli: parte 1 - Massimo Calearo


di Massimo Marini e dangp
dai blog
ladridimarmellate@blogspot.com
e massimomarini@blogspot.com

Chi dice che nel PD non sono stati riportati i valori fondanti della Sinistra italiana si sbaglia di grosso. Il masochismo ad esempio è presente a dosi massicce. E quale modo migliore di alimentare questo masochismo, questa a tratti grottesca capacità dei vertici del centrosinistra italiano di farsi del male con delle scelte francamente incomprensibili se non candidare il più improbabile degli industriali progressisti. Che non si dica per favore che lo si è fatto per abbracciare più larghi consensi. Con questo tipo di scelte si mortifica l'entusiasmo di chi prova a vedere nel PD qualcosa di diverso (della serie non bastava la Binetti?). Personalmente non avrei nessuna preclusione ideologica a candidare "capitani d'impresa", però si poteva scegliere con minor ansia da prestazione. Due righe sul nostro:

Massimo Calearo è un industriale che opera nel settore delle telecomunicazioni, ma anche: presidente dell'Associazione industriali di Vicenza, già presidente di Federmeccanica, consigliere della Banca d'Italia di Vicenza, Presidente del Comitato locale di Unicredit e Consigliere amministrativo del Gruppo Athesis. Si è schierato a favore del blocco delle importazioni dalla Cina, ha difeso la Legge Biagi e la riforma della scuola di Letizia Moratti, nonché lo sciopero fiscale proclamato dalla Lega Nord. A Ballarò ha dato il meglio di se, dichiarando candidamente che Mastella ha salvato l'Italia da un Governo che sembrava un “fritto misto”, che finalmente Visco e le sue tasse non ci saranno più e che la Legge 30 è un'ottima legge e va salvaguardata. Si attendono istruzioni in merito.

sabato 8 marzo 2008

Web e politica in Italia: anno zero


di Massimo Marini
dal blog massimomarini.blogspot.com
e dal sito www.pdsardegna.it


E' dalle elezioni del 2001 che negli USA si parla di rivoluzione telematica legata al mondo della politica, dei consensi, delle elezioni. Ma è soltanto quest'anno che si sta assistendo effettivamente ad un exploit del peso specifico della campagna elettorale on-line nella corsa alla Casa Bianca, passando per le primarie s'intende. Obama Barrack deve una buona percentuale della sua popolarità alla capacità che ha saputo dimostrare nella gestione del nuovo media. Senza contare l'inaspettato successo che la raccolta fondi dal web sta avendo proprio a vantaggio del candidato democratico. In Italia invece l'uso di internet a fini propagandistici è ancora a livello per così dire embrionale. Tutti i partiti hanno un sito ufficiale naturalmente, ed alcuni sono anche molto ben curati e realizzati. Alla fine dei conti però sembrano essere più dei depliant, delle brochure multimediali con in più magari la possibilità di tenersi aggiornati su eventi e manifestazioni. Manca ancora l'interattività. Nei siti dei partiti manca proprio l'elettore. I tentativi messi in atto da alcuni leader di partito di crearsi un blog per dare parvenza di coinvolgimento sono sostanzialmente tutti falliti. Siti chiusi dopo poche settimane di pubblicazione, spesso poco aggiornati, immobilizzati dalla troppa censura e probabilmente mai gestiti realmente dal leader in questione. Qualche timido tentativo di coinvolgimento lo hanno tentato nella scorsa campagna elettorale i siti di Rifondazione con il tormentore "Io Voglio" e di Forza Italia con i suoi sondaggi. E' però il PD a gettare le basi di un coinvolgimento più strutturato, meno legato alla campagna elettorale del momento e alla propaganda frenetica del periodo pre-elettorale. Lo ha fatto in un modo molto semplice: permettendo, per Statuto, la creazione di Circoli Telematici slegati di fatto dal territorio dei propri iscritti, completamente liberi di gestire le attività a partire dalla rete, di coinvolgere, mediante lo strumento del blog, la partecipazione anche di cittadini che al PD non hanno interesse ad iscriversi e che magari, dal "di fuori" possono apportare quel valore aggiunto (la critica - l'osservazione - la contestazione - l'informazione) che ai normali Circoli tradizionali "chiusi" sfugge per loro stessa natura. Il PD sta tentando attraverso il suo Network di dare voce a quante più persone riesce, pur nei limiti che la dispersività di una iniziativa di questo tipo porta inevitabilmente con sé. Limiti però che attraverso una promozione più convinta del Circolo Telematico - la quale probabilmente avverrà a bocce ferme, dopo il voto - verranno superati grazie all'ovvio effetto calamita che i blog dei Circoli sapranno generare. Il Circolo Telematico n. 1 aperto da Giovanni Corrao è un esempio di come questo tipo di iniziative interessi la grandissima platea di cittadini-elettori che fanno del web oramai uno strumento di lavoro, svago ma anche di informazione e partecipazione. Dopo appena una settimana l'interesse riscosso fa ben sperare nell'iniziativa, soprattutto alla luce del fatto che fino ad ora le persone che hanno collaborato nella pubblicazione degli interventi sono cittadini-elettori che non nascondono la loro perplessità verso diversi aspetti del programma del PD, ma che allo stesso tempo intendono sottolineare il proprio pensiero con degli interventi che a mio giudizio sono quelli con il valore aggiunto maggiore. Naturalmente come tutti gli esperimenti, questa è una iniziativa che può andare bene, ma anche male. La staticità (per non dire la scarsa lungimiranza) dei leader nazionali e regionali (soprattutto), unita alla diffidenza e freddezza che spesso gli iscritti "tradizionali" hanno dimostrato davanti a questo tipo di iniziative, possono certamente rappresentare un'incognita pericolosa. Ma se il PD vuole veramente diventare cosa altra dal modo di fare politica che ancora oggi attanaglia il nostro Paese, non può lasciarsi sfuggire l'occasione offertagli dalla rete.

venerdì 7 marzo 2008

Bye Bye Mastella!


di Angelo Aquilino

dal sito www.pdsardegna.it

La furbizia è l'idea che ogni stupido ha dell'intelligenza (Pino Caruso).

La Sardegna ha avuto, e continua ad avere, un certo numero di esponenti politici convinti che quella indicata dal re di Ceppaloni sia una strada percorribile. Ad esempio Mario Floris è riuscito per oltre due anni a fare il Presidente della giunta regionale capeggiando un gruppo di tre consiglieri su ottanta. La cosa faceva andare fuori dai gangheri Mauro Pili che pur essendo leader di una forte coalizione comprendente varie forze politiche (Forza Italia, Alleanza Nazionale ed UDC), non riusciva a fare il Presidente. Nella presente legislatura ha provato a fare la stessa cosa anche Marraccini. Seguendo l'esempio del segretario nazionale del suo partito, ossia Mastella, ma stavolta la diversa legge elettorale e la personalità del Presidente Soru, lo ha messo fuori gioco e dunque non ha trovato di meglio che cambiare schieramento. Molti vetero-democristiani, di stirpe dorotea, continuano a pensare che quello dei ricatti e della saturazione di posti di sottogoverno sia un modo lecito e praticabile di fare politica. Finalmente la fine politica di Mastella (speriamo definitiva) ci dice che forse questo non è vero. Molti italiani, che pur di trovare motivi di ottimismo e di fiducia nel futuro si aggrapperebbero ad un fuscello, concorderanno che questa è l'unica vera buona notizia di queste prossime elezioni politiche e di questa campagna elettorale.

mercoledì 5 marzo 2008

I candidati del Pd in Sardegna


di Giovanni Corrao
dal sito
www.pdsardegna.it

I candidati quasi sicuri li abbiamo letti dai giornali, ma fino alla presentazione definitiva delle liste non vi è nulla di certo. Il rinnovamento, diciamo la verità, c'è stato. Molte donne, esclusi eccellenti, l'esperienza che si compenetra al nuovo ed alla voglia di fare. Qualcuno si aspettava di più? Forse si. Ma dobbiamo essere realisti nel notare che alcuni uscenti sono rimasti in parlamento solo due anni scarsi, molto meno delle tre legislature poste come limite massimo dallo Statuto. Degli otto probabili tre degli ex non sono più nella lista: in cambio troviamo donne e giovani.
Vale comunque la pena notare che, ad oggi, le notizie che arrivano dall'altro versante, quello del Popolo berlusconiano, sono di riconferma totale degli uscenti che, ci sembra di ricordare, sono gli stessi già riconfermati, ... e così via. Il Pdl va verso l'immobilismo delle persone, dei programmi, delle scelte, e, purtroppo, anche delle azioni di governo in caso di vittoria elettorale che, nonostante gli sbandieramenti del Cavaliere, noi non diamo affatto per certa.

I candidati Pd alla Camera:
1) Parisi Arturo; 2) Schirru Amalia; 3) Fadda Paolo; 4) Pes Caterina; 5) Calvisi Giulio; 6) Marrocu Siro; 7) Melis Guido; 8) Cucca Giuseppe; 9) Giagu Giovanni; 10) Balloi Carlo; 11) Demuro Gianmario; 12) Daga Enrico; 13) Demuru Efisio; 14) Medau Carla; 15) Pinna Rossella; 16) Pintus Massimo; 17) Mameli Tiziana; 18) Secci Giuseppina

I candidati Pd al Senato:
1) Cabras Antonello; 2) Scanu Gian Piero; 3) Sbarbati Luciana; 4) Sanna Francesco; 5) Tidu Costantino; 6) Cabras Cristina; 7) Unida Giuseppina; 8) Casula Antonangelo; 9) Dettori Bruno

Gli uscenti (elezioni 2006):
  • Camera: Parisi, Schirru, Soro, Em. Sanna, Paolo Fadda
  • Senato: Antonello Cabras, Gianni Nieddu, Salvatore Ladu
  • Sulle liste del PD


    di Samuele Siani

    dal blog http://noncontromaper.splinder.com

    Sono uscite le liste del Partito Democratico per Camera e Senato. Vorrei fare due riflessioni, senza entrare nel merito della lite coi Radicali, anche perché credo che Veltroni saprà rimettere a posto la cosa e non farà la figura del cioccolataio dopo aver stabilito i nove posti certi per gli uomini e le donne della Bonino. Spulciando qui e là, alcune buone cose e alcune meno simpatiche. Tra quelle meno, molti "giovani" capolista, tra cui quella alla Camera per il Lazio, Marianna Madia, che più che essere una ricercatrice (il termine "giovane economista" aveva fatto sorridere Chiara Saraceno a Ballarò) è la classica rampolla di buona famiglia. Non che la cosa mi faccia montare il cristo, ma l'intervista che ha rilasciato al Corriere, quella sì. Meglio sarebbe dire: "Sì, provengo da una famiglia alto-borghese, di avvocati e amica di politici. Ho confidenza con la gente che conta. E voglio utilizzare questi miei privilegi a favore di chi non è stato altrettanto fortunato". Magari... E poi c'è la buona notizia. I vari teodem sono stati candidati, sì, come per certi versi è giusto che sia (non per me comunque) in un partito che si vuole pluralista. Ma candidati alla Camera. Il che significa che se il PD gareggia per vincere e vincesse davvero, con i teodem alla Camera e non al Senato (dove invece i numeri saranno comunque molto vicini) si potrebbero discutere di diritti civili. I teodem alla Camera potrebbero votare - democraticamente - come vuole la Chiesa, ma allo stesso tempo non avrebbero modo di fare alcun ricatto. Alla Camera il loro voto varrebbe come qualsiasi altro (avete per caso notato che Capezzone ha votato sempre contro il Governo Prodi? Ha forse dato fastidio che l'ex pupillo di Pannella avesse sentito il dolce richiamo delle destre? Nessuno se n'è accorto). Questo è un buon segnale. Candidato anche il bravo Scalfarotto, ma in una posizione a rischio nella lista per la Camera, Lombardia 1. Daje Ivan!

    martedì 4 marzo 2008

    Liste pulite: ma perché è così difficile?


    di dangp
    dal blog
    http://ladridimarmellate.blogspot.com


    Di Pietro l'ha messo come condizione per allearsi con il PD vista la vergogna degli anni che vanno dal 2001 al 2006 dove in parlamento contava 25 pregiudicati. Durante la prima candidatura Berlusconi pretendeva una fedina penale pulita per i suoi candidati ma poi ha cambiato idea. Bondi dice che nel PDL non verranno candidati i condannati tranne quelli per reati politici, chi stabilisce quali siano i reati politici è da vedere. La costituente aveva previsto l'immunità per i reati tipici della politica che non comprendevano i reati di mafia, la frode e il falso in bilancio. Berlusconi vuole ripristinare l' autorizzazione a procedere per i politici, probabilmente perché ha ancora diversi processi a suo carico. Previti è stato condannato ma il padrone no.20 dei 25 pregiudicati nel parlamento erano in Forza Italia ma ora il Cavaliere ne ha importato un paio dall' UDC, come se Dell'Utri e gli altri non bastassero. Pomicino dice che ha alcune condanne ma più assoluzioni, dunque per differenza algebrica è un angioletto. Vito ha confessato 20 tangenti ma ha patteggiato per altri reati nei quali si definiva innocente. Casini ha candidato Cosimo Mele anche se era stato arrestato per tangenti, poi lo ha espulso per un coca party. Veltroni non vuole condannati per reati gravi, può andare bene Carra che è stato condannato per aver giurato il falso davanti al giudice. Il povero Mastella non può candidare mezzo partito perché è in carcere. Questa è la sintesi del pensiero di Marco Travaglio che ad Annozero ha ancora una volta dato un esempio di come si fa il giornalista.

    domenica 2 marzo 2008

    Tornano i fascisti e nessuno dice nulla


    di Massimo Marini
    dal blog massimomarini.blogspot.com


    Furio Colombo nel suo editoriale di domenica 2 marzo ci ricorda in modo lucido e puntuale che nel nostro Paese sta avvenendo un qualcosa di inaudito rispetto al resto d'Europa, e che naturalmente i media non ne sottolineano la particolarità in alcun modo. Sta prendendo forma e corpo una nuova destra fascista ed orgogliosa di esserlo. Attenzione però, quello che più allarma Colombo, e che più dovrebbe allarmare tutti noi, è che non si tratta della rinascita di un semplice partito nostalgico, con magari la foto del duce nella sala riunioni o con "Facetta nera" come colonna sonora dei convegni, ma si tratta di una nuova destra fascista che parte da "Blocco studentesco" e arriva ai salotti buoni della mondanità italiana. Una destra che passando per la Santanché e Storace, ha oggi quegli strumenti culturali e di preparazione storica che le permettono di rileggere in modo fazioso, strumentale ma efficace la storia delle Foibe, dei "martiri italiani" (i repubblichini), che le permettono di cavalcare l'antipolitica in modo devastante e distruttivo, antidemocratico e antiborghese. Una nuova destra strutturata e solida, ben lontana dai grotteschi e patetici tentativi di rinascita del logo fascista a cui abbiamo assistito in tutti questi anni.

    E la Sinistra?
    Personalmente ritengo fulminante nella sua sintesi la conclusione a cui è giunto Augias su Repubblica di qualche giorno fa: "I giovani di Sinistra hanno perso l'iniziativa. Non hanno capito in tempo che bisognava mettere da parte il dibattito sulle ideologie che oramai interessano poco, e lottare invece per i problemi di ogni giorno". Ma io mi chiedo: i giovani che oggi stanno guardando con interesse o addirittura stanno contribuendo a far crescere il progetto del PD, saranno in grado di superare sia lo sterile dibattito ideologico, sia il freddo verticismo che comunque ancora sembra esserci dentro il PD, per concentrarsi realmente sui problemi di ogni giorno studiandone le cause e proponendone soluzioni? Definire questa una sfida epocale non mi pare enfatico o eccessivo francamente. Specie se gli "altri giovani" si chiamano Blocco studentesco, giovani industriali berlusconiani oppure giovani di Sinistra forse un po' troppo impegnati a "guardarsi allo specchio" e a recriminare sulla mancanza della falce e martello dal simbolo elettorale.

    giovedì 28 febbraio 2008

    Politica e web: un nuovo modo di comunicare


    di Loredana Lipperini
    dal sito
    www.partitodemocratico.it

    Chissà come, ma spesso ho la sensazione che la politica diffidi ancora della rete: che la concepisca, e a volte la viva, come luogo di derive demagogiche, quando non come velenosa arena dell’insulto. Del resto, Internet non gode di buona stampa: e in un paese che ostinatamente continua a confondere mezzo e messaggio, non si punta l’indice, per dire, su quel particolare e sciaguratissimo video postato su YouTube, ma su YouTube tutta; non si prendono le distanze da quel particolare blog malpancista, ma dalla rete dei blog. Eppure, solo per restare agli ultimi mesi, si potrebbero citare non pochi esempi di come sul web si faccia politica aggregando e discutendo e approfondendo e anche attraversando schieramenti diversi. Penso alla manifestazione contro la violenza sulle donne del novembre scorso, ideata, convocata, realizzata sul web, grazie al sito www.controviolenzadonne.org (dove, peraltro, coloro che si chiedono dove siano mai finite le femministe e perché non prendono posizione su aborto e fecondazione e quant’altro, troverebbero doverose risposte all’interrogativo e fior di interventi). Penso all’appello “Il triangolo nero: nessun popolo è illegale”: nato, sempre a novembre, da una discussione via mail fra un gruppo di scrittori allarmati da una possibile deriva razzista nel nostro paese, pubblicato su alcuni blog e siti letterari, cresciuto fino a raccogliere oltre cinquemila firme di intellettuali e letterati e artisti e cittadini. Penso alle posizioni espresse a proposito del ventilato boicottaggio nei confronti della Fiera del Libro per la presenza di Israele come paese ospite del 2008: e in questo caso non mi riferisco soltanto all’ulteriore appello (anche in questo caso nato in poche ore, da un iniziale scambio di mail fra un piccolissimo gruppo di persone) in solidarietà agli organizzatori. Ma alla messe di opinioni anche fortemente dissenzienti, ma formulate– nella stragrande maggioranza dei casi – con disponibilità al dialogo e argomentazioni solide. Un vantaggio, per tutti.

    Questo, per me, significa fare politica sul web. Ma anche fare letteratura: non casualmente, si moltiplicano i siti di scrittori che non soltanto mettono on line, scaricabile gratuitamente, lo stesso testo che viene distribuito nelle librerie, ma interagiscono con i propri lettori offrendo loro il “farsi” del proprio lavoro, svelandone il “prima” e aprendosi agli “oppure” (ovvero, ai racconti dei lettori medesimi nati dopo la lettura del romanzo). Per questo, credo, la politica dovrebbe guardare al web riflettendo sui suoi saperi e sulle sue modalità, e non cercando di applicare a Internet le modalità dell’off-line: che non valgono sempre e non valgono per ogni cosa. Non valgono, per esempio, per quanto riguarda il diritto d’autore: il copyleft (la possibilità di scaricare un testo gratuitamente, purchè il medesimo non venga utilizzato a fine di lucro) è il fulcro della rete “dei contenuti”. E, contrariamente a quanto si continua a credere, oltre a favorire la circolazione di cultura, non danneggia in alcun modo l’autore. Tempo fa, Tullio De Mauro raccontava: “Quando l’Oxford si è messo su Internet a pagamento non ha aumentato le vendite di una sola copia. Quando il Webster si è messo gratuitamente on line, le vendite sono volate. Vorrà pur dire qualcosa”.Vuole dire moltissimo: è la base, anzi, di quella “grande conversazione” (culturale e, sì, politica) che è la rete stessa.